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I campi elettromagnetici (CEM)

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Prima di vedere chi e come deve valutare l’esposizione dei lavoratori a campi elettromagnetici, vediamo di che cosa si tratta.

I campi elettrici sono creati da differenze di potenziale elettrico, o tensioni: più alta è la tensione, più intenso è il campo elettrico risultante. I campi magnetici si creano quando circola una corrente elettrica: più alta è la corrente, più intenso è il campo magnetico. Un campo elettrico esiste anche se non c’è corrente. Se circola una corrente, l’intensità del campo magnetico varia con il consumo di potenza, mentre l’intensità del campo elettrico rimane costante. 

 

Caratteristiche dei campi elettromagnetici

Al Mondo, esistono sostanzialmente due tipi di sorgenti di campi elettromagnetici: quelle naturali e quelle artificiali. 

Innanzitutto occorre precisare che, i campi elettromagnetici sono presenti ovunque nel nostro ambiente di vita, ma sono invisibili all’occhio umano. Dei campi elettrici sono prodotti dall’accumulo locale di cariche elettriche nell’atmosfera, in occasione di temporali. Il campo magnetico terrestre fa sì che l’ago di una bussola si orienti lungo la direzione nord-sud ed è utilizzato da uccelli e pesci per la navigazione.

Oltre a queste sorgenti naturali, lo spettro elettromagnetico comprende anche campi generati da sorgenti artificiali: i raggi X, ad esempio, sono utilizzati per diagnosticare la frattura di un’articolazione in seguito ad un incidente. All’elettricità fornita da una qualunque presa di corrente sono associati dei campi elettromagnetici a bassa frequenza. Infine, diversi tipi di radioonde ad alta frequenza sono usati per trasmettere informazioni, attraverso antenne televisive, impianti radiofonici o stazioni radio base per telefonia mobile.

Una delle caratteristiche principali di un campo elettromagnetico (CEM) è la sua frequenza o la corrispondente lunghezza d’onda. Campi di lunghezza d’onda diversa interagiscono col corpo umano in modo diverso. Si possono immaginare le onde elettromagnetiche come una serie di onde che viaggiano ad una velocità enorme, quella della luce. La frequenza descrive semplicemente il numero di oscillazioni, o cicli, al secondo, mentre la lunghezza d’onda rappresenta la distanza tra un’onda e la successiva. Quindi, lunghezza d’onda e frequenza sono legate in modo indissolubile: più alta è la frequenza, più breve è la lunghezza d’onda.

I campi elettromagnetici vengono divisi in tre tipologie: a frequenza estremamente bassa (ELF), che hanno generalmente frequenze fino a 300 Hz. Altre tecnologie producono campi a frequenza intermedia (IF), con frequenze tra 300 Hz e 10 MHz e campi a radiofrequenza (RF) con frequenze da 10 MHz a 300 GHz.

 

Gli effetti sulle persone

Secondo la definizione data dalla Legge Quadro sulla protezione dai campi elettromagnetici, l’esposizione dei lavoratori è “ogni tipo di esposizione dei lavoratori e delle lavoratrici che, per la loro specifica attività lavorativa, sono esposti a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”.

Cominciamo a precisare che, tutte le esposizioni a CEM in prossimità di sorgenti emettitrici, devono essere contenute a carico dei gestori, entro i limiti vigenti per la tutela della popolazione. Sarà compito e cura del gestore della sorgente CEM delimitare le aree ove si riscontra il superamento dei livelli di riferimento della popolazione generale con idonea segnaletica di sicurezza e di pericolo.

Il Datore di Lavoro, invece, deve valutare il rischio ed eventualmente verificare il rispetto della normativa vigente da parte dell’esercente della sorgente, anche avvalendosi dell’organo di controllo.

Le esposizioni indebite/involontarie a sorgenti non correlate con la specifica attività dei lavoratori che ricadono sotto la gestione del Datore di Lavoro, devono essere eliminate o ricondotte entro le restrizioni previste dalla normativa vigente per la tutela della popolazione.

 

Come e quando valutare il rischio

Solo di recente la comunità scientifica ha cominciato a studiare i possibili effetti nocivi dei campi elettromagnetici, distinguendo effetti di natura acuta (quando si manifestano a breve termine) e cronici (quando possono manifestarsi, anche dopo lunghi periodi di latenza, come conseguenza di esposizioni a livelli bassi di campo elettromagnetico per periodi prolungati).

Se per gli effetti a lungo termine dei campi elettromagnetici sulla salute la comunità scientifica non ha ancora trovato indicazioni convincenti, per gli effetti di natura acuta è stato accertato che si verificano solo al di sopra di determinati livelli (soglie) di esposizione.

Tra gli effetti di natura acuta per esposizione a alte frequenze sono stati segnalati opacizzazione del cristallino, anomalie alla cornea, alterazioni delle funzioni neurali e neuromuscolari; mentre per esposizione a basse frequenze (frequenza 50 Hz) sono stati segnalati effetti sul sistema visivo e sul sistema nervoso centrale, extrasistole e fibrillazione ventricolare. 

Nei luoghi di lavoro possono essere presenti diverse tipologie di sorgenti artificiali di campi elettromagnetici, ed è per questo che il Datore di Lavoro si impegna alla valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza, inclusi gli effetti nocivi a “breve termine” conosciuti nel corpo umano derivanti dalla circolazione di correnti indotte e dall’assorbimento di energia, e da correnti di contatto.

Qualora l’esposizione dei lavoratori non comporti apprezzabili rischi per la salute, sulla base della norma CEI EN 50449, la valutazione del rischio può concludersi con la “giustificazione” del datore di lavoro secondo cui la natura e l’entità dei rischi non rendono necessaria una valutazione più dettagliata attraverso misurazioni e calcoli dei livelli dei campi elettromagnetici (art. 181, comma 3, del D.Lgs. 81/08). Contrariamente, invece, si procede con dei rilevamenti strumentali, che accertino l’entità e la presenza di CEM (le radiazioni elettromagnetiche di frequenza da 0 Hz a 300 GHz, possono essere considerate come riferimento per l'identificazione di valori d'azione per l'esposizione dei lavoratori a campi elettromagnetici).

 

Misure di prevenzione e protezione

Come accade per tutte le tipologie di rischio, anche in questo caso occorre mettere in atto adeguate misure di prevenzione e protezione per i lavoratori esposti a CEM. Alcune di queste misure possono essere:

  • l’impiego di attrezzature che emettano campi elettromagnetici di intensità inferiore, in relazione al lavoro da svolgere;
  • adempimenti tecnici per ridurre l'emissione dei campi elettromagnetici, incluso se necessario l'uso di dispositivi di sicurezza, schermature o di analoghi meccanismi di protezione della salute;
  • la predisposizione di programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, dei luoghi e delle postazioni di lavoro;
  • la progettazione di strutture e luoghi di lavoro idonei;
  • limitare la durata e l'intensità dell’esposizione;
  • utilizzare adeguati Dispositivi di Protezione Individuale.

In realtà il ricorso alla protezione individuale per offrire protezione dai campi elettromagnetici “non è facilmente praticabile”. In particolare l’efficienza della protezione individuale dipende dalla frequenza del campo, e pertanto i dispositivi di protezione adatti per una gamma di frequenza, difficilmente sono adatti per altre gamme. La scelta delle apparecchiature adeguate dipenderà dalla situazione specifica e dal tipo di rischi che si vogliono evitare.

 

Qualche esempio sui DPI

In funzione delle varie situazioni che possono capitare, proviamo a fare qualche esempio:

  • calzature, stivali o guanti isolanti o anti-elettricità statica possono essere efficaci nella riduzione dei rischi;
  • se sono necessarie calzature isolanti, di norma basteranno stivali da lavoro resistenti oppure scarpe con pesanti suole di gomma. Qualora la valutazione riveli che questo tipo di calzature non sono adeguate, potrebbe essere necessario reperire DPI più specifici che magari non hanno caratteristiche idonee a proteggere i lavoratori da altri rischi;
  • il dispositivo di protezione degli occhi può essere utilizzato per proteggere gli occhi dai campi ad alta frequenza;
  • in alcune situazioni potrebbe essere necessario l’utilizzo di tute protettive integrali, ma è opportuno ricordare che queste possono comportare nuovi rischi impedendo i movimenti o frenando la dispersione di calore per coloro che le indossano.

Altro aspetto fondamentale è ricordarsi che è necessario controllare che dispositivi di protezione individuale indossati per altri rischi siano compatibili con la presenza di forti CEM.

Ad esempio:

  • stivali di sicurezza con puntali in acciaio potrebbero non essere adatti in un ambiente con forti campi magnetici statici, mentre i campi magnetici a bassa frequenza, se sufficientemente forti, riscaldano il rinforzo in acciaio;
  • alcune tute protettive hanno delle componenti elettroniche che possono essere soggette a interferenze in forti campi elettromagnetici.